"La bandiera di Israele, la
bandiera degli ebrei, era lì dal 7 ottobre quando i terroristi
di Hamas uccisero più di mille cittadini israeliani solo perché
ebrei. Squartarono il ventre delle donne incinte e fecero a
pezzi i bambini non nati. Rapirono oltre duecento uomini e
donne, uccidendo una parte e sequestrando gli altri nelle
viscere della terra. La ragione della guerra sta lì. Oggi
assistiamo all'orrore della guerra. Non è stata rimossa su
richiesta di qualcuno, ma solo per non offrire a chi cerca un
nemico per sopravvivere una assurda motivazione. Quella bandiera
tornerà dov'era quando questa guerra disgraziata sarà finita e
con essa anche il terrore". Lo scrive, in una lettera aperta,
Michelangelo Agrusti, presidente di Confindustria Alto
Adriatico, dopo aver rimosso poche ore fa la bandiera dalla sede
della Territoriale.
"Hamas tiene in ostaggio la sua popolazione, come più volte
ha affermato Abu Mazen, leader di Anp, unica autorità
palestinese riconosciuta - ha precisato - Israele ha subìto
anche l'aggressione di Hezbollah, Huthi, Iran. Chiunque non può
che rimanere sconvolto per l'uccisione di tanti civili e di
tanti bambini palestinesi incolpevoli, la storia si incaricherà
di indicare e punire tutti i responsabili". "Ma travisare il
senso di quella bandiera, appesa come senso di condivisione dei
massacri, è semplicemente vergognoso - ha accusato il presidente
di CAA - In tanti, dopo il 7 ottobre, siamo andati nella grande
Sinagoga di Trieste in segno di solidarietà con gli ebrei di
quella città che subirono la deportazione ad opera dei
nazifascisti alla risiera di San Sabba e negli altri campi di
sterminio". Agrusti sottolinea che "non sono tutti Netanyahu o
la destra religiosa" e che "tutti speriamo nella fine di questo
orrore" e "anche i palestinesi abbiano finalmente uno Stato che
possa vivere in pace con Israele. Ma ugualmente tutti dovrebbero
chiedere con forza che cittadini ebrei tenuti in ostaggio
vengano liberati. Questo diceva quella bandiera. Non era, e non
è la bandiera di un governo o di un esercito, ma di un popolo
che anch'esso reclama di esistere in pace e in sicurezza.
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