La maglia rosa arriverebbe a Roma all'età di 35 anni e 215 giorni. Il record per ora è di Fiorenzo Magni, che nel 1955 aveva 34 anni e 180 giorni. Dalla parte dello sloveno ci sono anche una super squadra e il percorso con pochi arrivi in salita
Quando Primoz Roglic è venuto al mondo, in una piccola città mineraria, la Jugoslavia stava andando in pezzi e la Slovenia lottava per affermare la propria indipendenza: era la fine del 1989. La storia è andata molto veloce da allora, e anche Roglic. Che aveva un sogno: diventare un campione. E ci è riuscito non una, ma due volte. Per quasi dieci anni Primoz ha saltato con gli sci, "era come volare, volevo diventare il saltatore migliore del mondo". Una disciplina che richiede elasticità, esplosività e disciplina, tre qualità che gli sarebbero venute utili nella seconda parte di questa storia, ma allora Roglic non poteva saperlo. Non andava in bici, perché i muscoli non diventassero troppo pesanti, zavorrandolo quando era ora di volare. A 17 anni vinse la medaglia d’oro ai Mondiali juniores. Poche settimane più tardi era a Planica, dove c’è uno dei trampolini più celebri al mondo: un salto lunghissimo, oltre duecento metri. Vincendo, Primoz si sarebbe segnalato come uno dei probabili olimpici. Ma non andò bene. Primoz apparve immediatamente sbilanciato, con le gambe di traverso, e andò a schiantarsi sulla sinistra della pista, la spalla e la testa subirono l’impatto più violento. Perse gli sci, scivolò per centinaia di metri, rimase a lungo immobile. "La sua progressione si interruppe a Planica. Altri lo superarono, furono chiamati per la nazionale olimpica, lui no", ha raccontato suo padre Polde, che aveva fatto il minatore. Per recuperare dalle fratture Primoz aveva cominciato ad andare in bicicletta e si era accorto che era quasi come volare. Non aveva ancora messo il suo sogno in un cassetto: voleva diventare il migliore del mondo, così pensò al ciclismo. Non puoi cominciare a gareggiare a ventun anni, gli dicevano tutti. Ma lui non aveva pace. Vendette la moto, e il resto dei soldi li guadagnò lavorando al supermercato: comprò una bici da corsa usata e nei test lasciò tutti sbalorditi. Un anno dopo ottenne il primo contratto da professionista, con l’Adria Mobil, una Continental slovena. Due anni dopo arrivò la prima vittoria, al giro dell’Azerbaigian. A ventidue anni lo portarono a fare test sotto sforzo: i suoi dati non erano inferiori a quelli del migliore Chris Froome. Lo chiamò la Lotto-Jumbo a fare altri test in Olanda. Quando parlavano di lui lo chiamavano "la Ferrari". Nel 2016, al quarto anno di ciclismo, corse il primo grande Giro della sua vita, il Giro d’Italia. Aveva 26 anni abbondanti, e vinse una tappa a cronometro. La seconda volta andò sul podio. La terza il Giro vinse lui, ribaltandolo a cronometro. La quarta è questa. "Quale livello penso di poter raggiungere? Io mi sento ancora ventenne, sento che posso migliorare ancora rispetto alla Vuelta dell'anno scorso".
esperienza
—
A Roma, il primo giugno, Roglic avrà 35 anni e 215 giorni. Il più vecchio a vincere il Giro d’Italia è stato Fiorenzo Magni, nel 1955: aveva 34 anni e 180 giorni. Roglic sarà più vecchio di oltre un anno. Ma ciclisticamente è ancora giovane, e relativamente integro: qualche frattura non si nega a nessuno, ma il fisico è uno dei suoi punti di forza. Elasticità, esplosività e disciplina - vi ricordate le qualità che servono per saltare con gli sci? - sono tornate molto utili nella sua seconda vita di campione. E poi c’è la parola più ricorrente in questi ultimi giorni nelle cronache sportive dei giornali sloveni: izkušnja, esperienza. Roglic non ha problemi di tenuta sulle tre settimane: né fisicamente né di testa. È calmo, glaciale, e si diverte. Non ha niente da perdere, perché lui un Giro lo ha già vinto, e non ha niente da dimostrare a nessuno. In teoria. Ha molto da dimostrare a se stesso, e questa è sempre stata la sua sfida prediletta. Se l’altro grande favorito della vigilia, il ventiduenne Juan Ayuso, punta sulla sorpresa e sulla freschezza, Rogla può contare sulla tattica e sull’izkušnja. In questo senso il percorso potrebbe dargli una mano. Il Giro di quest’anno si allontana dalla tradizione: ci sono meno arrivi in salita e non si sale ad alta quota, e questo potrebbe rendere la strategia decisiva. Anche la novità di quest’anno, il km Red Bull con bonus da 6, 4 e 2 secondi, potrebbe giocare a favore di Roglic, che ha vinto una Vuelta a España grazie agli abbuoni, sfruttando la sua esplosività e la strategia. E pure all’ultima Volta a Catalunya lo sloveno ha avuto la meglio su Ayuso (guarda caso) sfruttando gli abbuoni.
compagni
—
In questo scenario, Roglic ha intorno a sé una squadra fortissima. Che comprende due corridori che hanno già vinto il Giro (oltre a Roglic, c’è Jai Hindley), uno scalatore come Dani Martinez, che l’anno scorso al Giro fu secondo alle spalle di Pogacar, gregari solidi come Jan Tratnik, Gianni Moscon e Giovanni Aleotti, e in pianura ci penserà Nico Denz, il tedesco che due anni vinse a Rivoli e a Cassano Magnago. Izkušnja in dosi abbondanti. E poi c’è il nuovo che avanza: Giulio Pellizzari, che l’anno scorso fece innamorare l’Italia nel Giro di Pogacar. Quest’anno Giulio era stato destinato a un altro programma di corse, ma quando Roglic lo ha visto all’opera alla Volta a Catalunya, dove lo cercava continuamente con lo sguardo (e lo trovava), ha chiesto ai suoi direttori sportivi di dirottarlo sul Giro. Il marchigiano sarà molto importante per la corsa della Bora, ci stupiremmo del contrario. Con questa squadra, Roglic correrà da favorito, dettando il ritmo della corsa in salita. Che abbia la maglia rosa oppure no. "Cosa mi motiva? Difficile dirlo, so solo che voglio essere me stesso. Quando ho lasciato il salto con gli sci non pensavo che sarei riuscito ad arrivare a questo livello: voglio sfruttare il tempo che mi resta e dare il meglio di me. Se riuscirò a migliorare i miei numeri, i risultati arriveranno".
LE SCELTE
—
Quest’anno Roglic ha corso molto poco prima del Giro, e tutte corse a tappe: Algarve e Catalunya. Per il resto ritiri in quota e tanto allenamento. È magrissimo già a inizio Giro, e nella crono ha dimostrato potenza e freschezza. Quella del programma è stata una scelta precisa, dettata dagli errori commessi in passato. Lo ha spiegato il suo direttore sportivo Rolf Aldag, confermando che i numeri di Roglic sono in crescita ma per arrivare ai risultati bisognerà fare tutto alla perfezione. "Il piano era chiaro: Primoz va sempre molto forte dopo i ritiri in altura, per questo ha corso poco. Se dovesse vincere il Giro, arriverebbe al Tour molto più rilassato". Ed è proprio l’esperienza del Tour dello scorso anno ad aver suggerito qualche modifica. L’anno scorso la squadra era arrivata al Delfinato già stanca per la preparazione e aveva corso con troppa aggressività. Roglic aveva comunque vinto il Delfinato ma poi un altro ritiro a Tignes prima del Tour aveva definitivamente esaurito i corridori, che in Francia non avevano reso al meglio. Quest’anno le parole d’ordine sono due: condizione e serenità. Per questo al team si è incluso un apporto psicologico, per non ripetere gli stessi errori. Izkušnja, esperienza. A questo si aggiunge la voglia. È stato lo stesso Roglic ad ammettere che la mancanza di corse in primavera lo ha reso "più affamato di vittorie". Era l’ultimo tassello che mancava: la fame.