Compiti per le vacanze, il metodo per farli senza drammi

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Chiuse le porte della scuola non si mettono però da parte libri ed esercizi. I compiti delle vacanze restano un tema ricorrente di discussione tra insegnanti, genitori e persino tra gli alunni e le alunne.

C’è chi li considera essenziali per non “disabituarsi” allo studio e chi, al contrario, li vede come un ostacolo al vero riposo, spesso necessario dopo un anno impegnativo. La verità, come spesso accade in educazione, sta nel mezzo: non è il compito in sé a fare la differenza, ma il modo in cui viene proposto e integrato nel tempo libero.

Secondo le neuroscienze, il cervello non apprende soltanto quando è attivo. Anzi: proprio nei momenti di pausa, gioco o riposo, avvengono processi fondamentali per rielaborare ciò che si è appreso. Si chiama dimenticanza adattiva, ed è un meccanismo naturale attraverso cui il nostro cervello seleziona, conserva e rafforza solo le informazioni più rilevanti.

Questo significa che l’estate non è un vuoto formativo, ma un tempo prezioso per “metabolizzare” l’anno scolastico. Le esperienze informali, il movimento, le relazioni, la noia creativa e i giochi di ruolo favoriscono la maturazione delle funzioni esecutive più importanti, come la memoria di lavoro, la pianificazione e l’attenzione sostenuta. Tutte abilità fondamentali per affrontare con successo l’anno scolastico successivo.

Un compito ben pensato non è necessariamente un esercizio sul quaderno. Un esempio? Andare a fare la spesa con una persona adulta di riferimento, come una nonna o un nonno. In quella semplice uscita possono intrecciarsi più competenze: si osservano i prezzi, si annotano gli acquisti, si calcola il totale, si racconta l’esperienza, si categorizzano i prodotti. Si scrive, si ragiona, si interagisce. E si impara davvero, perché l’apprendimento è significativo quando parte da esperienze reali.

La corresponsabilità educativa tra scuola e famiglia è fondamentale. In estate meglio proporre attività che non si limitino al classico “libro delle vacanze”, ma che aiutino alunni e alunne a mantenere attiva la mente senza sovraccaricarla. Per esempio, pianificare insieme il tempo da dedicare allo studio e quello per giocare, lasciare spazi vuoti per la creatività, proporre attività diverse e leggere, che stimolino la curiosità.

Insegnare a rispettare i tempi del riposo significa anche educare al benessere. L’estate è l’occasione per rallentare, sperimentare, riscoprire il piacere di apprendere in modo libero e non valutativo. Un apprendimento che parte dalla vita, e non solo dai libri.

Per questo serve una nuova cultura del compito estivo: non più obbligo formale, ma opportunità formativa. Un tempo in cui il cervello riposa, dimentica ciò che non serve e si prepara, più leggero e motivato, ad accogliere nuove sfide.

Sempre più famiglie chiedono un supporto che tenga conto delle differenze individuali nello studio. Secondo l’Osservatorio promosso da MyEdu, casa editrice digitale e partner del Ministero dell’Istruzione, con il supporto di BVA Doxa, più del 50% dei genitori di studenti e studentesse nella scuola primaria e secondaria di primo grado usa o vorrebbe usare strumenti compensativi, come mappe concettuali, testi ad alta leggibilità, contenuti digitali interattivi.
“Mettere a disposizione materiali didattici compensativi contribuisce a creare un ambiente di apprendimento inclusivo, che possa accogliere tutti i bambini e le bambine e permettere loro di sentirsi inclusi e incluse nel percorso scolastico. Risorse e strumenti di apprendimento digitali, grazie alle potenzialità offerte dalla tecnologia, sono diventati preziosi alleati per superare le barriere cognitive e compensare le difficoltà specifiche. Da sempre a scuola ci viene insegnato un unico metodo: leggere, ripetere e memorizzare", spiega Barbara Urdanch, pedagogista esperta nei processi dell'apprendimento, professoressa all’Università di Torino, formatrice dell’Associazione Italiana Dislessia e membro del Comitato Scientifico di MyEdu. «Un metodo che però non vale per tutti: non si impara in un solo modo, bisogna tener conto delle caratteristiche di apprendimento diverse e di eventuali fragilità, come ad esempio una memoria di lavoro più fragile o di disturbi specifici dell’apprendimento (DSA)”. Questo dimostra che il bisogno non è solo quello di “fare i compiti”, ma di farli bene, cioè con un metodo di studio personalizzato, inclusivo, accessibile. “Un metodo che non si esaurisca nel leggere e ripetere, ma che valorizzi anche strumenti visivi, tecnologie digitali, strategie pratiche specie per chi ha caratteristiche di apprendimento nell’ambito delle neurodivergenze (Per esempio, dsa, disturbi specifici di apprendimento) o altri bisogni educativi speciali”. L’obiettivo? Far sì che ogni persona possa studiare con efficacia, coltivando i propri talenti e sentendosi parte attiva del proprio percorso.

Come confermano i dati dell’indagine svolta su oltre 4.000 famiglie dall’Osservatorio MyEdu sull’anno scolastico appena concluso, la volontà dei genitori è che i figli possano adottare un metodo di studio personalizzato in base alle loro esigenze: lo afferma il 62,8% del campione delle scuole secondarie di I grado e ben il 57,9% dei genitori dei bambini e bambine della primaria. La corresponsabilità educativa tra scuola e famiglia è oggi più importante che mai. Le famiglie hanno bisogno di sentirsi parte di un progetto condiviso, e le scuole devono poter contare su insegnanti competenti nei processi di apprendimento, capaci di osservare, adattare, personalizzare. Sul tema Barbara Urdanch conduce per genitori ed insegnanti interessati il webinar gratuito dedicato “Metodo di studio: come impostare in modo efficace i compiti delle vacanze”  sul portale di MyEdu creato per supportare la genitorialità, MyEdu Coaching (https://app.coaching.myedu.it/).

L'Osservatorio sull'utilizzo degli strumenti digitali nella didattica 

Poco dopo la chiusura delle scuole, MyEdu, casa editrice digitale da oltre 10 anni e partner del Ministero dell’Istruzione e del Merito, ha raccolto le risposte di un ampio campione di 4.761 famiglie delle scuole dell’infanzia (1.710), delle primarie (1.721) e delle secondarie di I grado (1.330) sul territorio italiano.
Le evidenze emerse dall'Osservatorio MyEdu, sull'utilizzo degli strumenti digitali nella didattica con il supporto di BVA Doxa e sulle tematiche più rilevanti relative all'apprendimento scolastico e allo studio a casa nell'anno scolastico appena concluso sono: 
Risorse e contenuti compensativi cruciali per l'apprendimento dei propri figli e figlie per la maggioranza dei genitori
La maggioranza dei genitori (52,9% nella primaria e 51,7% nella secondaria di I grado) afferma di utilizzare o di aver necessità di strumenti e risorse compensative per supportare il proprio figlio e la propria figlia nello studio. Gli strumenti compensativi, sia digitali che cartacei, aiutano per definizione a compensare le difficoltà di apprendimento, offrendo risorse e strategie per favorire il percorso di studi di ciascun studente e ciascuna studentessa.
L’importanza di poter accedere a un metodo di studio personalizzato e di rendere i propri figli sempre più autonomi nello studio e nella gestione del tempo, conciliando le attività extrascolastiche.
Cresce alle scuole medie la volontà dei genitori che i figli possano adottare un metodo di studio personalizzato in base alle loro esigenze: lo afferma il 62,8% del campione, complice anche la maggiore mole di studio rispetto alla primaria (57,9%).Per quasi il 78,1% (per il 65,1% moltissimo e per il 13% molto) dei genitori con figli/ie che frequentano la scuola secondaria di I grado risulta fondamentale che il proprio figlio e figlia sviluppi competenze di gestione e organizzazione del tempo.
L’Intelligenza Artificiale applicata all’Istruzione si conferma una tematica che divide: escludendo la maggioranza che ancora non si esprime in merito, rispetto allo scorso anno emerge una maggior consapevolezza sull’IA, considerata più un vantaggio che un rischio.
Un tema che invece ancora divide i genitori è l’utilizzo dell’Intelligenza artificiale applicata all’istruzione. Rispetto allo scorso anno, escludendo la maggioranza del campione che ancora non sa esprimersi a riguardo, i restanti rispondenti si mostrano leggermente meno spaventati dall’utilizzo dell’IA: metà del campione la considera un vantaggio per lo studio e non un rischio.

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