Sei squadre per 2 posti: si rilancia la Lazio. Ma i bianconeri dovevano essere più in alto di così
In attesa di sapere se il Napoli sfrutterà il folle secondo tempo dell’Inter in quel di Parma, e se riuscirà ad avvicinare la vetta della classifica, la corsa alla Champions si infiamma. Anche in questa sarà importantissima la partita di stasera, perché il Bologna – la squadra più in forma del campionato – adesso è al quarto posto e ha la possibilità di volare perfino al terzo (accadrà in caso di successo contro Conte). Ma già negli ultimi due giorni abbiamo vissuto momenti fondamentali nella lotta alle spalle di Inter e Napoli.
qui juve
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La Juve di Tudor aveva l’occasione di acciuffare l’Atalanta al terzo posto. Sarebbe stato un bel balzo in avanti dopo i disagi dell’era Motta, però la partita di Roma era davvero difficile – i giallorossi arrivavano addirittura da sette vittorie consecutive – e i bianconeri, pur fermandosi al pareggio, hanno confermato di avere avviato un percorso di crescita. Regredire, del resto, era quasi impossibile. Se con il Genoa la vittoria era stata meritata ma sofferta, e contro un avversario di livello tecnico inferiore, stavolta la Juve è piaciuta di più benché abbia raccolto un punto anziché tre. Molto buono il primo tempo, di meno il secondo, però ormai appare chiaro che i bianconeri non sono e non possono essere la squadra sconclusionata che abbiamo osservato per tanti mesi. Tudor non è un visionario della panchina, non regala invenzioni e colpi a sorpresa, a volte ama apparire fin troppo muscolare (e in carriera spesso ha pagato questi atteggiamenti), ma ha il buon senso e la concretezza che servono in determinate situazioni. Ha rimesso i giocatori nei loro ruoli, ha scelto quelli più in forma, così ha restituito fiato e speranze al popolo juventino. Questo non significa che la qualificazione alla Champions sia agevole, per carità; si ha però la percezione che tutti i calciatori vengano sfruttati in base alla loro condizione di forma, alle loro qualità e alle loro caratteristiche. E non è poco, soprattutto se si hanno elementi di indiscutibile valore. Fa un certo effetto, ad esempio, vedere entrare in campo, a venti minuti o poco più dalla fine, Kolo Muani, Koopmeiners e Cambiaso: l’attaccante che il Psg ha pagato 90 milioni, il centrocampista per il quale la Juve ne ha investiti 60 e l’esterno che a gennaio poteva andare al City per la stessa cifra. Quante squadre possono permettersi di avere in panchina un patrimonio del genere? E senza contare Douglas Luiz e Conceiçao, rimasti seduti a vedere la partita fino alla fine. Può una squadra così fallire l’obiettivo minimo del quarto posto? Motta rivendica di essere stato a un solo punto dalla Champions quando lo hanno mandato via, ma la verità è che non doveva essere lì, vicino al quarto posto, bensì molto più in alto. Per non parlare di Psv ed Empoli, che sono altre storie però fanno parte dello stesso percorso deludente.
dea, che succede?
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Dopo i risultati degli ultimi due giorni, e aspettando sempre Bologna-Napoli, per il terzo e il quarto posto rimangono in corsa sei squadre, dall’Atalanta (che ha 58 punti) fino alla Fiorentina (che ne ha 52 e con un bagliore di speranza può conservarlo, così come la Roma che ha una lunghezza di vantaggio). È fuori causa il Milan: troppo ampio il distacco e troppo numerose le squadre che lo precedono; poteva sperare in una rimonta miracolosa se avesse vinto contro le formazioni di Conte e Palladino ma in due incontri ha raccolto appena un punto. La notizia del giorno, in quella zona della classifica, è la vittoria della Lazio a Bergamo. In parte perché rilancia i biancocelesti a ridosso del quarto posto dopo un periodo di crisi, caratterizzato dai soli sette punti conquistati in sei incontri; in parte, anzi soprattutto, perché rimette definitivamente in gioco il terzo posto occupato dall’Atalanta. Dopo avere sognato anche lo scudetto, la squadra di Gasperini oggi è dentro la lotta per la Champions con tutt’e due le scarpe. E, rispetto alle concorrenti, sembra essere quella che sta peggio. Lo dicono i risultati: i bergamaschi hanno perso le ultime tre partite di campionato e in casa non vincono addirittura dal 22 dicembre. E lo dice anche il campo, perché l’Atalanta è irriconoscibile. Dov’è finita la squadra bella e vincente, aggressiva e trascinante che ha fatto innamorare noi e tutta Europa? Può darsi che l’annuncio anticipato da Gasp il 22 febbraio, «non rinnovo il contratto», abbia creato questo pandemonio? Probabilmente no, non sono state quelle parole a far smarrire i nerazzurri. O, almeno, non sono state solo quelle parole. Ma è certo che qualcosa là dentro si è rotto. E là dentro non significa nello spogliatoio, ma nel meccanismo: tutto funzionava a meraviglia, ora la testa e le gambe dei calciatori viaggiano in modo farraginoso, complicato, insoddisfacente. Urge un intervento shock, perché basta poco per trasformare una stagione che poteva essere trionfale in una deludente. E questo non vale solo per l’Atalanta.