La curatrice della programmazione artistica di Radio Rai3 Classica all'Adnkronos parla delle sfide nell'era digitale e dell’importanza della divulgazione musicale

14 maggio 2025 | 11.13
LETTURA: 4 minuti
“La musica classica non è il passato e non è ferma. Anche una sinfonia ascoltata innumerevoli volte, e magari anche suonata, come la Sesta di Beethoven, può rivelare in una nuova incisione un passaggio capace di trasformare il senso di quanto ascoltato e di ciò che si ascolterà. È un'esperienza sempre nuova. Ha un potere quasi ipnotico”. Lo afferma Maria Gabriella Ceracchi che cura la programmazione artistica di Radio Rai3 Classica, unica radio tematica dedicata alla musica classica. Ceracchi, ospite del nuovo episodio del vodcast dell'Adnkronos, disponibile in versione integrale sul sito www.adnkronos.com e sul canale YouTube dell'Adnkronos, racconta come Radio Rai3 Classica ha mantenuto la sua identità nel tempo cercando di raggiungere nuove fasce di pubblico mantenendo al contempo la fedeltà degli ascoltatori storici. E non manca una riflessione sul panorama musicale attuale: “C’è un appiattimento” e l’autotune “è un po’ un inganno”.
Radio Rai3 Classica ha una storia lunga e prestigiosa (nasce nel 1958) ed “è proprio per gli amanti della musica classica ma anche a quelli che hanno delle curiosità e si stanno avvicinando”. Per questo “la programmazione va dal medioevo alla nostra contemporaneità. Ho diviso le giornate in segmenti, quindi un vero palinsesto con varie offerte musicali, alcune più generiche e altre mirate. Dalla rubrica sulla musica antica e quella dedicata alle colonne sonore cinematografiche, il palinsesto ha sempre un significato narrativo: mi piace trovare delle connessioni”.
L’ascoltatore tipo? “Ho un'idea precisa del nostro pubblico, grazie alla corrispondenza che intratteniamo via email. Da questi scambi emerge un quadro variegato: ci sono gli ascoltatori che ci si potrebbe aspettare, appartenenti a generazioni più mature, forse con più tempo a disposizione o con un retroterra culturale che li porta naturalmente verso la nostra offerta. Ma, con mia grande felicità, abbiamo anche moltissimi giovani e appassionati di musica contemporanea. Inoltre, il fatto che Rai Radio Classica sia accessibile via web ci permette di raggiungere ascoltatori in tutto il mondo”.
Questo, aggiunge Ceracchi, “sfata il falso mito che la musica classica sia qualcosa di superato. Penso che ogni volta che si ascolta un brano per la prima volta, anche se scritto nel 1748, per l'ascoltatore sia una 'prima esecuzione assoluta', un'esperienza totalmente presente. C'è poi un'altra considerazione importante: la perdita del passato è dannosa per l'essere umano. La musica classica, invece, proprio per questa sua contemporaneità nell'ascolto – musica scritta secoli fa ma eseguita e ascoltata ora – crea una sinergia spettacolare e virtuosa tra passato e presente, confermando il valore dell'oggi”.
Questo rappresenta “un arricchimento che va oltre il semplice dato culturale o il vanto di apparire 'raffinati'. Non è questo il vero dono della musica classica. Essa regala emozioni fortissime perché è musica 'pensata', capace di esprimere non solo i sentimenti del suo tempo, ma anche di aiutarci a decodificare le nostre emozioni attuali”. Elemento che Ceracchi non riscontra nel panorama musicale attuale: “Il problema non è la tecnologia. La tecnologia porta sempre un’evoluzione ma trovo la musica leggera un po’ ‘costretta’ con passaggi melodici e armonici molto banali. Sono poveri dal punto di vista della struttura e del timbro degli strumenti che vengono utilizzati”.
“Non si riconoscono gli strumenti e questa è una perdita per le nuove giovani generazioni”, dice Ceracchi. Ma le preoccupazioni riguardano anche le piattaforme streaming: “Un problema destinato a diventare sempre più rilevante. Oggi ci troviamo di fronte a una vastità di offerta impressionante e questo ci darebbe la possibilità di costruire il nostro bagaglio culturale seguendo le inclinazioni personali, ma anche aprendoci alla curiosità. Tuttavia, l’aspetto più devastante per la musica è l’algoritmo che suggerisce cosa ascoltare, impedendo di esplorare oltre. In questo modo rischiamo di rimanere 'ghettizzati' e limitati dall'algoritmo”.
Infine, non manca una riflessione sul tanto discusso autotune: “Non voglia fare discorsi bacchettoni, però è un po' un inganno. Se un cantante non riesce a raggiungere una nota con le proprie capacità, perché dovrebbe ricorrere a un sistema artificiale? Si tratta di un vero cantante o no? Pensiamo, per contro, all'impegno richiesto per padroneggiare uno strumento come il violino: sono necessari almeno dieci anni di studio intenso, con ore e ore di pratica quotidiana. Anche in presenza di un talento o di una predisposizione naturale, c’è bisogno di studio e impegno costanti". di Loredana Errico
Tag
Vedi anche