
intervista
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Il tennista siciliano oggi n. 362 del ranking: "Voglio fare di nuovo le qualificazioni per gli Slam, se a fine anno non sarò salito abbastanza mi ritirerò. Mi ha penalizzato dal carattere ma non ho mai finto"
G.B. Olivero
19 aprile - 11:15 - MILANO
C’è un filo apparentemente sottile ma in realtà molto robusto a legare il fascino del Roland Garros a un polveroso campo in Ruanda. È il filo della passione, del sogno da inseguire sempre e comunque, della sfida con gli altri e soprattutto con se stessi. È il filo di Marco Cecchinato, che nel 2018 arrivando in semifinale nello Slam parigino dopo aver battuto Djokovic lanciò al tennis italiano un messaggio molto chiaro: si può fare. Tra febbraio e marzo "Ceck" ha giocato due Challenger in Ruanda. Dal campo su terra battuta più prestigioso del mondo a un circolo periferico. La magia del tennis, in fondo, è questa qui: puoi vincere o perdere, godere o imprecare, ma il gusto di fare fatica non te lo togli più. E sempre lì torni: in quel rettangolo con la rete in mezzo, a cercare un perché, a rifiutare l’idea che non ci sia più, a ritrovare te stesso, tra un dritto, una palla corta e il ricordo del bambino che eri e non sei più, ma che continua a correre. Dentro di te. Insieme a te.