Cardone: "Nel Milan con gli olandesi, che avventura marcare Zidane. E quelle 33 birre di Adriano..."

5 ore fa 1

L'ex difensore lavora come agente immobiliare. Ha rischiato di perdere la gamba destra, con cui segnò un gol decisivo al Dall'Ara da capitano del Parma: "Ho provato ad allenare, ma non è ciò che voglio. Guardo il calcio in tv e mi godo i figli"

Oscar Maresca

13 dicembre - 17:37 - MILANO

Giuseppe Cardone ha l’agenda piena e il telefono che squilla in continuazione. Si divide tra ufficio, appuntamenti con i clienti e affari da concludere: “Lavoro come agente immobiliare, mi occupo della vendita di villette e appartamenti in Brianza. Per un periodo ho fatto pure l’amministratore di condominio. Sentivo il bisogno di allontanarmi dal calcio, non ho la giusta passione per allenare”. L’ex terzino classe ’74 ha vissuto una carriera ad altissimi livelli: oltre 200 presenze in A, la fascia da capitano al Parma, i duelli con Ronaldo e Del Piero, pure gli assist per Adriano. “Sono cresciuto nelle giovanili del Milan. Nel ‘92 mi allenavo già in prima squadra, era l’anno del secondo scudetto di Capello e degli olandesi: Rijkaard, Van Basten, Gullit. Berlusconi atterrava sempre con l’elicottero per seguire gli allenamenti”. Dopo un paio di prestiti ha debuttato in A con il Bologna nel ‘96: “Prima della sfida con la Juventus al Delle Alpi, mister Ulivieri disse al gruppo: ‘Oggi giochiamo in dieci’. Tutti ci guardammo sbalorditi. Poi aggiunse: ‘Cardone, tu prendi Zidane’. Ho ancora il mal di testa”. 

Come finì quella partita? 

“I bianconeri di Lippi vinsero 1-0. Zidane riuscì a segnare il gol decisivo, ma su punizione. Non toccai un pallone, per tutta la partita ho ringhiato sulle caviglie del francese”. 

La sua prima vera chance al Milan è arrivata nel 1997. 

“Ero di proprietà del club rossonero, Capello mi richiamò in squadra. Dopo la gara con la Sampdoria, lui e il presidente Berlusconi vennero a farmi i complimenti. Avevo appena 23 anni e provavo a farmi spazio in un gruppo di campioni capaci di vincere quattro scudetti in cinque stagioni”. 

Inter Milan's Marco Branca controls the ball as AC Milan's Ibrahim Ba of France , left, and Giuseppe Cardone, right,  look on, during  their Italian Cup match, at the Milan San Siro stadium Wednesday, January 21, 1998. (AP Photo/Luca Bruno)

Al Milan ha giocato 19 partite, compresi due derby con l’Inter. 

“In quello d’andata marcai Simeone, l’argentino segnò al 13’. Dopo venti minuti Capello mi sostituì per far entrare Boban. Ed ebbe ragione: Zvonimir servì l’assist per il momentaneo pareggio di Weah. Poi terminò 2-2, in rete pure Ronaldo e André Cruz”. 

Di duelli in carriera ne ha collezionati tantissimi. 

“Ronaldo, Figo, Del Piero, Totti. Sono stato davvero fortunato. Nel ’99 al Venezia ho incrociato Spalletti, mi definì un difensore tignoso. Non mi piaceva provocare gli avversari, però non li lasciavo mai passare”. 

Al Piacenza ha giocato insieme a Hubner. 

“È un grande amico: una persona umile con valori importanti. Siamo molto simili, entrambi non ci siamo mai montati la testa. Ma quante sigarette fumava in quel periodo (ride, ndc)”. 

 Grazia Neri/Getty Images

Lei è arrivato al Parma nel 2002, un anno prima del crac finanziario. 

“Ho vestito la maglia gialloblù per sei stagioni. È stato il periodo più bello della mia vita. In attacco ho subito trovato Adriano e Mutu, due fenomeni. In squadra c’era pure Nakata, ma non lo vedevamo mai. Aveva un preparatore atletico personale, poi si metteva in un angolo dello spogliatoio a leggere libri”. 

Con Prandelli, al termine di quella stagione, è arrivata la qualificazione in Coppa Uefa. 

“Ricordo la bellissima festa di fine anno, eravamo in un ristorante a Viareggio. Adriano riuscì a bere 33 bottiglie di Corona, una dopo l’altra”. 

Quante? 

“Sì, ha capito bene: 33. E non era ubriaco. Poi sono andato a dormire, chissà com’è finita”. 

L’anno successivo è quello del maledetto infortunio. 

“Sono stato costretto a saltare l’intera stagione. Colpa di uno scontro con Meghni del Bologna. Il perone si fratturò in otto punti, avevo viti dappertutto. Non riuscivo a camminare, i dottori mi dissero che rischiavo addirittura l’amputazione della gamba. Ho vissuto un calvario infinito”. 

Come ne è uscito? 

“Mi ha salvato il professor Ferretti, medico della Nazionale. Avevo già subito cinque interventi chirurgici, il dolore però non passava. Avevo la febbre da dieci mesi, la gamba era deformata. Quando il dottore ha rimosso tutte le viti ho iniziato a stare meglio. Così è finito l’incubo”. 

Nel frattempo il Parma aveva sfiorato il fallimento. 

“Nel dicembre 2003 ero alle Maldive per le vacanze di Natale. Mentre guardavo il telegiornale annunciarono l’arresto di Tanzi. Tornai subito in Italia”. 

 TANZI, NEL '94-'95 CHI CI FINANZIAVA POTEVA SAPERE -Callisto Tanzi  stamani in Tribunale a Milano. 'Oggi sono giunto al convincimento, è ovviamente una mia personale deduzione, che già a decorrere da quegli anni, siamo nel 1994-95, chi finanziasse o meglio facesse ottenere finanziamenti a Parmalat dal mercato, potesse avere forti dubbi sulle reali condizioni patrimoniali e finanziarie della Parmalat " . E' uno dei passaggi delle dichiarazioni spontanee rese al processo a Milano dall'ex patron di Collecchio. ANSA/ STRINGER / COC

Che emozione è stata ritrovare il campo? 

“Presi la fascia da capitano. Nella stagione 2004-05 arrivammo addirittura in semifinale di Coppa Uefa sfidando il Cska Mosca. Nella partita di ritorno degli ottavi contro il Siviglia segnai il gol decisivo per il passaggio del turno”. 

Non fu la sua unica rete pesante. 

“In campionato disputammo lo spareggio salvezza contro il Bologna di Mazzone. Con la maglia rossoblù avevo debuttato in A e qualche anno dopo avevo subito il brutto infortunio. Sbloccai la gara di ritorno al Dall’Ara. Il pallone colpì la gamba destra, quella che rischiavo di perdere, e finì in porta. È stato un segno del destino. Ci pensò Gilardino a blindare il risultato”. 

 BOLOGNA-PARMA.
Giuseppe Cardone (S) realizza il gol dell'1-0 per il  Parma nella partita di ritorno valida per la permanenza in Serie A oggi allo stadio Renato Dall'Ara di Bologna.
GIORGIO BENVENUTI / ANSA / PAL

Oggi nella sua nuova vita non c’è spazio per il calcio. 

“Ho provato ad allenare, ma non è ciò che voglio. Gli acciacchi della carriera però sono rimasti. Mi accontento di guardare qualche partita in tv. Adesso penso soltanto al lavoro da agente immobiliare e a godermi il tempo insieme ai miei figli”.

Leggi l’intero articolo