Il presidente granata festeggia il 20° anno alla guida del club: "All'inizio on c'erano neppure i palloni, è stata una grande cavalcata"
"Sono stati vent’anni che ho vissuto con grande pathos, emozione, passione e voglia di fare bene". Comincia da qui il presidente del Torino, Urbano Cairo, intervenuto ieri sera a Telelombardia nel corso della trasmissione “Qui studio a voi stadio”, per raccontare i suoi vent’anni (l’anniversario è caduto ieri) alla guida del Toro. "L’impegno, la voglia e gli investimenti non sono mai mancati". Tutto è cominciato il 2 settembre 2005 e "nei vent’anni prima di me il Toro ha avuto 7 presidenti diversi, nei 10 anni prima di me il Toro aveva fatto 6 campionati in B e 4 in A di cui tre volte è retrocesso. Questo è il Toro che io ho preso — ricorda Cairo —. Quando arrivai nel 2005 una delle voci che si sentivano è che a Torino non potevano coesistere due squadre, ci doveva essere un’unica squadra. E certamente non era il Toro che era fallito".
futuro
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Ci sono vent’anni volati via fatti di stabilità finanziaria e sportiva, di Filadelfia ricostruito, di Robaldo (il centro per le giovanili appena nato), di un settore giovanile tornato a essere forte e vincente, di un Toro che da 14 anni è in Serie A. "Tante cose buone le abbiamo fatte, non può esserci solo il luogo comune che è tutto negativo". Sull’agenda del presidente Cairo ci sono tre idee per il futuro: "Lo stadio Olimpico di proprietà è una cosa importante, ne parleremo col sindaco di Torino appena possibile: è una cosa che mi piacerebbe fare". Seconda: "Un altro obiettivo che mi pongo nei prossimi due anni è riportare il museo del Toro a casa, oggi è a Grugliasco". Terza: "Le promesse non si fanno più, ciò che conta è fare una squadra più possibile competitiva. Se siamo qui a investire e a farci il mazzo, e il bilancio di quest’anno non sarà in utile, è perché vogliamo fare qualcosa di meglio rispetto all’anno scorso. Lavoro per fare un Toro che dia soddisfazioni ai tifosi".
ricordi
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Di questi vent’anni fissa tre momenti. "Mi rimane sempre dentro come una grande emozione la promozione ottenuta l’11 giugno 2006, 9 mesi e 9 giorni dopo aver preso la presidenza — racconta —. All’inizio non c’erano neppure i palloni: è stata una grande cavalcata che facemmo con De Biasi allenatore, e una squadra messa insieme da un giorno all’altro". Il secondo: "Un’altra annata molto bella fu la terza con Ventura, dove a 8 partite dalla fine avevamo 39 punti. Facemmo un patto con il mister e i giocatori di fare 8 finali: facemmo 18 punti, arrivammo settimi a 57 punti e riuscimmo ad andare in Europa fino agli ottavi superando ai sedicesimi il Bilbao. Siamo l’unica italiana ad averli battuti in casa loro". Il terzo: "Il campionato con Mazzarri, nel 2018-19, arrivammo settimi con un girone di ritorno nel quale eravamo quarti".
oggi
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Le ultime riflessioni sono sul Toro di oggi. "La squadra di oggi l’abbiamo costruita con mister Baroni e con il direttore Vagnati cercando di farla competitiva. Non voglio fare proclami, anche perché siamo partiti veramente male con quella brutta sconfitta a San Siro contro l’Inter, che mi è molto dispiaciuta e mi ha fatto molto arrabbiare. La squadra secondo me c’è, alcuni giocatori tipo Simeone e Ngonge stanno trovando la forma migliore. È una squadra che può fare delle buone cose: il mister è molto motivato, è in pista, per fare le cose per bene. Sono fiducioso, credo che la squadra abbia un grande potenziale". Il mercato ha portato otto nuovi calciatori: "Otto giocatori nuovi, alcuni sono veramente molto forti. Asllani, ad esempio, può essere importante per consentire a Casadei, Gineitis, Anjorin, Ilic e Vlasic di poter fare gol. Potrà darci qualcosa di buono".