È il più giovane (36 anni) a vincere la C: "Così veloce, incredibile. La città ci ama di nuovo e il club ha un progetto tecnico forte"
La storia dell’allenatore giovanissimo è ben nota. La cosa nuova è che Matteo Andreoletti a 36 anni è anche un vincente, il più giovane della storia ad aver vinto un campionato di Serie C. Il marchio sulla promozione del Padova è suo e sblocca una carriera che aspettava soltanto questo momento.
Eppure avete rischiato di rovinare tutto.
"La rimonta del Vicenza è stata eccellente. C’è rivalità, lo so, ma lo devo dire: anche loro meritano la B. Noi abbiamo avuto una flessione con 4 trasferte negative e il pareggio con l’Atalanta U23 ci ha fatto perdere il primato. Un momento duro".
Forse con 10 punti di vantaggio ha sbagliato qualcosa nella gestione?
"Sicuramente. Un po’ d’inesperienza l’ho pagata. È stata brava la società: il direttore Mirabelli parla poco, quando lo fa sa cosa dire e ci ha dato forza. E comunque non dimentichiamoci che il Vicenza ha fatto 83 punti: noi abbiamo frenato, ma loro hanno fatto un campionato strepitoso".
Avete vinto facendo il controsorpasso sul Vicenza, inopinatamente sconfitto dalla Virtus Verona. Manderà un regalo a Gigi Fresco?
"Domenica due miei giocatori che giocavano da lui l’hanno chiamato per ringraziarlo. Lo farò anche io: cena pagata o bottiglia di champagne".
Il Padova ha giocatori con la sua stessa ambizione.
"Pochi hanno fatto la B e sapevano che solo vincendo ci sarebbero potuti arrivare. Forse questo è stato un limite, un po’ di lucidità ce l’ha fatta mancare. E l’ambiente era scottato dal passato, c’era ansia. Però alla fine la voglia di quei ragazzi è stata determinante per andare oltre i nostri limiti".
Li ha ringraziati, o loro le hanno detto grazie?
"Io ho ringraziato loro. Sono molto esigente, li martello dal 15 luglio e trovare un gruppo con questa disponibilità non è semplice. Ma c’è una cosa che devo recuperare: ho fatto una full immersion con la squadra e non mi sono goduto questa città, la voglio conoscere meglio".
Lo sa che non basta chiamarsi Padova per essere all’altezza della Serie B?
"Oggi non ci pensiamo, ma c’è voglia di confrontarsi con un campionato così. La proprietà è solida e non vuole fare la comparsa. Non sarà solo una questione di squadra, ma di tutte le componenti".
Lei è del 1989 come l’Euganeo, stadio quest’anno spesso vuoto e con la capienza limitata.
"Spero che la struttura sia pronta e che la gente ci stia vicino. Alla prima di campionato c’erano 1.617 paganti, all’ultima non c’erano più biglietti: aver riacceso l’amore della città è una soddisfazione".
Nelle stanze sotto la tribuna ci sono decine di foto storiche. Una che l’ha colpita?
"Eh parecchie… Del Piero, Albertini, Rocco…. Ecco dico Nereo Rocco per la figura che rappresenta, lui ha cambiato la storia del calcio e sapere di essere sulla stessa panchina mi gratifica".
Che cosa significa la Serie B per lei che è partito a 26 anni dalla D?
"Devo ancora realizzare che abbiamo vinto la C... Un po’ sarà un tuffo nel vuoto, ho fatto solo tre anni di C! Ma se penso alla B vedo stadi come Palermo, Bari, Genova: quando uno comincia a fare questo lavoro, pensa a queste cose".
Andiamo ancora più indietro: a 23 anni ha smesso di fare il portiere per allenare.
"Non l’ho fatto alla cieca. Ho sempre avuto questa ambizione, anche nelle giovanili volevo conoscere e capire. Pensavo in grande, ad arrivare in A, ma non credevo di salire in B così presto".
Siamo sicuri della conferma a Padova o c’è qualche sirena?
"Ho un contratto, è una garanzia, però non si rimane per un pezzo di carta, solo per i programmi. Se vogliono continuare con me, io ci sono".
Quest’anno in B le neopromosse hanno fatto bene senza cambiare tanto.
"Quando c’è un progetto forte, non c’è bisogno di stravolgerlo. È una riflessione che faremo".
Pian piano si avvicina alla sua squadra del cuore, l’Atalanta.
"Resta lontana: non è solo in A, ma in Europa! Da bergamasco cresciuto a Zingonia, lavoro tutti i giorni per arrivarci, sarebbe il massimo".
Non ha mai conosciuto Gasperini?
"Abbiamo solo giocato qualche amichevole".
E se fosse lui a chiederle di bere un caffè per parlare di calcio?
"Andrei di corsa a prendere appunti".