Alice Cooper band, la reunion dopo 50 anni: "Il rock è vivo ma difficile scioccare"

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Il gruppo storico riunito per il nuovo album 'The Revenge Of Alice Cooper'. Michael Bruce, Dennis Dunaway e Neal Smith lo raccontano tra shock rock, amicizia, il solito tocco horror e l'omaggio a Glen Buxton, scomparso nel 1997. "Con la nostra musica parliamo anche ai giovani"

Cinquant’anni dopo, il morso del serpente è più velenoso che mai. La band originale di Alice Cooper pubblica il nuovo album 'The Revenge of Alice Cooper', che non è solo un ritorno alle radici dello shock rock anni ’70 ma un viaggio ad alta tensione nell’horror vintage che celebra l’amicizia, la nostalgia e il sound senza tempo di queste icone del rock. Pubblicato oggi su earMusic, il disco raccoglie l’eredità di capolavori come 'School’s Out', 'Billion Dollar Babies' e 'Killer', trascinandola in un presente carico di riff taglienti e quell’ironia feroce che ha reso Alice Cooper una leggenda. Assieme a Michael Bruce (chitarra), Dennis Dunaway (basso) e Neal Smith (batteria) la band si è ritrovata con il produttore Bob Ezrin in uno studio di registrazione old school in Connecticut per ricreare la magia degli anni ’70.

Il primo singolo, 'Black Mamba', vede la collaborazione di Robby Krieger dei Doors e annuncia un lavoro intriso di energia, con il tocco fantasma di Glen Buxton - il chitarrista scomparso nel 1997 - che torna a vibrare in 'What Happened To You' attraverso una registrazione inedita. Dal morso velenoso di 'Black Mamba' alla ribellione di 'Wild Ones', passando per le melodie ossessive di 'See You On The Other Side', ogni brano è l’ennesima dimostrazione di un gruppo che, come ammette Dennis Dunaway “una volta faceva due album l’anno, ora due ogni secolo”, ma sempre con lo stesso spirito incendiario. L'AdnKronos ha incontrato la band alla vigilia dell'uscita dell'album per una chiacchierata.

Eccovi qui, dopo oltre mezzo secolo, con questo nuovo album in uscita oggi che segna la reunion della band originale. Com’è stato tornare in studio insieme dopo 50 anni e perché ci avete messo così tanto?

Dennis Dunaway: "Mezzo secolo, mi piace. Una volta facevamo due album all’anno, ora ne facciamo due ogni secolo".

Neal Smith: "Mezzo secolo suona bene. Ma non è successo tutto dall’oggi al domani. Quando Alice ha preso la sua strada, noi abbiamo avviato progetti diversi ma abbiamo sempre continuato a scrivere e a vederci, siamo rimasti in contatto. E poi io e Dennis nel 1985 abbiamo lavorato a un progetto con Alice sull’album ‘Constrictor’. E' stato quel genere di cose che mantengono viva la fiamma. Con Alice e Michael ci siamo visti molte volte negli anni. Vado spesso a trovarli in Arizona".

Il singolo 'Black Mamba' è una scarica di pura adrenalina. Come è nata la collaborazione con Robby Krieger dei The Doors, e qual è stata l’atmosfera mentre lavoravate a questo brano?

Dennis Dunaway: "Robby e Glen Buxton erano amici, e abbiamo immaginato che in questa canzone Glen avrebbe suonato lo slide con un cucchiaio. E così, quando è saltato fuori il nome di Robby Krieger abbiamo detto tutti: 'è perfetto'. Siamo amici di Robby da anni. E ha fatto un lavoro incredibile con la sua chitarra".

In questo album c'è un contributo postumo di Glen, una canzone molto speciale, anche a livello emotivo.

Dennis Dunaway: "C’è sempre un’emozione particolare quando si tratta di Glen. Il suo spirito è con noi in ogni momento e sono davvero felice di come siamo riusciti a imprimere tutto questo in ogni piega dell'album".

Neal Smith: "Uno di questi contributi è un nastro che conservo da sempre, dal 1973, di me e Glen che jammiamo a tarda notte nella casa della band a Greenwich, Connecticut. Abbiamo usato quella registrazione e ci abbiamo scritto una canzone intorno".

Com’è stato lavorare a quel brano? Che tipo di sensazioni avete provato?

Neal Smith: "L’intera sessione è stata divertimento puro. E' stato come avere Glen insieme a noi. Eravamo seduti in studio, tutti noi, Dennis, Michael, io, Alice e Bob Ezrin, ognuno con il sui strumento. Bob e Alice si sono seduti al pianoforte. Ne è uscito qualcosa di davvero autentico. Contando anche Glen, ci sono davvero sei autori su quella canzone.

L’album oscilla tra horror vintage, shock rock e anche quel tipo di ribellione che vi ha sempre definiti. Che cosa rappresenta il concetto di 'shock' per voi oggi, in un mondo che potremmo dire sembra un po' anestetizzato?

Dennis Dunaway: "Confrontando ciò che rendeva scioccante l’Alice Cooper Group con gli standard di oggi, è difficile dirlo, perché tutta la censura con cui dovevamo fare i conti non esiste più. E oggi puoi permetterti molto di più di allora. Facciamo semplicemente quello che ci piace fare. All’epoca la gente pensava fosse scioccante, ma era solo il nostro modo di divertirci. Ed è ancora così. Michael inventava dei riff che diventavano una canzone e noi gli davamo il tocco e il makeover di Alice Cooper. Anche la copertina dell’album è un film horror. Ci piacciono i film horror e scriviamo canzoni di quel tipo. In un film la gente pensa mai che sia scioccante, ma per qualche ragione, lo riteneva tale quando lo facevamo sul palco".

Neal Smith: "Nei vecchi film western il cattivo viene spesso impiccato. Noi lo facciamo sul palco con la musica rock. Abbiamo ucciso il nostro cantante più volte ma non è mai morto (scherza, ricordando gli spettacoli di Alice Cooper che mettono in scena finte impiccagioni e oggetti di scena come serpenti e bambole, ndr). Quando abbiamo portato questi elementi sul palco, davanti a dei teenager, i critici ci hanno fatto a pezzi. Era un’epoca diversa, negli anni '70. C’era il Vietnam, Manson, i diritti razziali e i diritti delle donne. C’era molto tumulto negli anni ’60 che entrava nei ’70. Noi abbiamo trovato la nostra nicchia. E per qualche motivo, i fan l'hanno amata. Oggi non saprei cosa si dovrebbe fare per scioccare qualcuno. E' molto difficile farlo".

Il rock è sopravvissuto a innumerevoli rivoluzioni culturali. Qual è lo stato attuale del rock and roll oggi?

Dennis Dunaway: "Beh, è uscito questo nostro album, penso che il rock stia bene".

Neal Smith: "Io ho vissuto molto tempo in Europa, uno dei Paesi più rock al mondo, dove il genere ha sicuramente resistito alla prova del tempo, così come in Canada e Australia. Il rock è ancora popolare tra i fan ma per una nuova band rock è molto difficile sfondare negli Stati Uniti e finire in radio. C’è internet, ovviamente, ma poi una band emerge e la settimana dopo ce n’è un’altra. È un mondo diverso e un mercato diverso. Ma per qualche ragione, il rock and roll è diventato molto tradizionale rispetto agli anni ’70 o ’90. L’Italia ha ancora molti fan del genere, è fenomenale. E lo stesso vale per la Grecia e la Francia. Dipende da Paese a Paese. Ciò che ci entusiasma è che i fan storici sono ancora qui ma allo stesso tempo continuiamo a conquistare nuovi fan, quelli che ci ascoltano per la prima volta. Il rock non è morto, a meno che non lo sia nella tua testa. È sempre vivo".

Dennis Dunaway: "E non è morto con la musica country, perché la musica country è diventata pop. Ai nostri tempi c’erano pionieri come Suzy Quatro, le Runaways e Joan Jett. Oggi è molto più facile per le donne essere in cima alle classifiche. Anche la tecnologia ha cambiato le cose. Come diceva Andy Warhol ognuno avrà i suoi 15 minuti di fama. Beh, ora è più un quindicesimo di secondo. Tutti sono famosi, la competizione è pesante. Non sono sicuro che sia più facile diventare grandi oggi. Ma si ha la possibilità di registrare un buon album nello studio a casa e pubblicarlo dal pc. Allora si doveva avere un contratto discografico per farlo".

La recente scomparsa di Ozzy Osbourne ha lasciato un enorme vuoto nella comunità rock e metal. Voi avete condiviso visioni, palchi, e anche un’epoca irripetibile. Cosa ha significato per voi? E qual è la sua eredità?

Dennis Dunaway: "La sua eredità è il metal. I Black Sabbath erano tutto, hanno fatto da apripista e spianato la strada. Noi abbiamo fatto alcuni spettacoli con i Black Sabbath. Ricordo uno show a Ottawa, nel 1972. Stavamo entrando sul palco e mi sono sentito davvero stanco. Poi mi sono detto 'mio Dio, dobbiamo tirare fuori tutta la nostra energia perché siamo sullo stesso palco dei Sabbath'. A volte cercavamo di alzare un po’ l’asticella verso Ozzy ma lui la alzava ancora di più. Sono così contento che sia riuscito a fare il concerto d'addio a Birmingham. È stato incredibile. Ed è stata una buona cosa. Nessuno si aspettava che morisse così presto, ma almeno è riuscito a tornare sul palco. E' stato un buon concerto per lui, per la sua famiglia e per i fan. Sarebbe stato un peccato se fosse morto prima".

Neal Smith: "All'epoca c'erano Jimi Hendrix e The Who e tutte le power band di Detroit, non esisteva ancora il termine heavy metal o metal. Era solo, 'heavy rock'. Il rock di Detroit, molto duro, veniva chiamato 'kill rock' e poi ci fu l’evoluzione del termine. In Inghilterra Ozzy divenne metal. I Black Sabbath saranno ricordati per quello. Noi siamo stati fortunati a condividere il palco con loro. Tutto quel mondo di Ozzy e dei Black Sabbath mancherà moltissimo".

Tornando al vostro ultimo album, si respira un forte senso di amicizia e nostalgia, ma anche un'energia ancora forte. Sentite di avere ancora qualcosa da dire alle giovani generazioni con questo disco?

Dennis Dunaway: "Sì: Siamo tornati, baby".

Neal Smith: "Penso che sia una testimonianza di ciò che abbiamo realizzato all’apice delle nostre carriere. Dennis e io, negli anni, abbiamo condiviso dei progetti e affinato le nostre capacità con una sezione ritmica solida. Michael ha continuato a scrivere in tutti questi anni grandi canzoni. La prova è nei tre album di Alice Cooper ai quali abbiamo contribuito: 'Welcome 2 My Nightmare' con tre canzoni, ciascuna scritta da Dennis, da me e da Michael, in 'Paranormal', dove abbiamo suonato in un paio di canzoni. E in 'Detroit Stories' con altri brani. E' stato un processo lento e continuo. Ci sarebbe piaciuto, negli anni, dare ai nostri fan più musica di quella che siamo riusciti a produrre. Ma tutti si sono sempre sostenuti a vicenda all’interno della band. È per questo che siamo amici e abbiamo fatto un grande show alla Rock and Roll Hall of Fame nel 2011. E' meraviglioso se qualcuno si sente ispirato dalla nostra musica. Ma non stiamo seduti a chiederci se accadrà o meno. Ho ricevuto una mail da un ragazzo di 15 anni in cui mi scrive: “Non avrei mai pensato, nella mia vita, che avrei assistito all'uscita di un nuovo album di Alice Cooper. Ma finalmente posso ascoltarlp”. Il ragazzo ha 15 anni. Queste sono le cose che ci emozionano di più".

Dennis Dunaway: "Noi avevamo i nostri punti di riferimento, la British Invasion, gli Yardbirds e tutto il resto ma l’ispirazione che vorremmo dare ai giovani musicisti è di fare qualcosa di loro, di inventare qualcosa di nuovo".

Michael Bruce: "E anche continuare a insistere. Sembra banale, ma se continui a lottare di solito ce la fai. Quando dominava la disco tutti pensavano che i Twisted Sister non potessero avere un futuro. Ma loro hanno continuato ad andare avanti nonostante tutto. Alla fine hanno ottenuto un contratto discografico".

Dennis Dunaway: "Noi siamo sempre andati avanti. Ci dicevano 'non potete fare teatrini', cose così. E poi, quando ce l’abbiamo fatta, tutti sono saliti sul nostro carro dicendo 'Ho ho sempre sostenuto questi ragazzi'. Gli unici a sostenerci erano quelli che ci davano cibo e birra. Ho sentito discografici dire: 'Nessuno firmerà mai un contratto con una band chiamata Alice Cooper. È una follia'. E invece...Frank Zappa diceva che se una band resta unita abbastanza a lungo, alla fine ce la farà. Ed è così".

Non esiste un altro come Alice Cooper. Ma pensate che là fuori ci sia qualcuno in grado di portare avanti la vostra eredità?

Neal Smith: "Qualcuno che si trucca? E' già stato fatto. Il punto è che bisogna fare qualcosa di diverso. Prendiamo Jimi Hendrix: negli anni ’60 c’erano tantissimi chitarristi famosi. Lui suonava la chitarra al contrario, la incendiava. Nessuno lo aveva mai fatto prima. E suonava come un maestro. E' quello che si deve fare, avere una propria voce, un proprio stile. La trinità del successo è: padroneggiare lo strumento, essere un grande showman e scrivere musica. Glenn, Mike, Dennis, io e Alice scrivevamo canzoni ogni giorno provavamo ogni giorno, suonavamo dal vivo. Non ci siamo mai fermati. In sette anni, fino a quando nel ’74 non ci siamo presi una pausa, facevamo qualcosa ogni giorno, a meno che non arrivassimo in posti come Porto Rico prima di un concerto e avessimo un giorno libero. Allora andavamo a pescare in mare aperto. Ma tutti avevamo lo stesso fuoco. Nessuno ha mai detto: 'Rallentiamo'.

Dennis Dunaway: Una volta dei ragazzi vennero da me e dissero: “Ehi, abbiamo messo su una band. Hai qualche consiglio su cosa dovremmo fare per farcela?”. E io risposi: 'Beh, noi lanciavamo polli sul pubblico, voi dovete trovare la vostra cosa da fare'".

Michael Bruce: "Una canzone come 'School’s Out' è stata rivoluzionaria. La scuola non è un argomento nuovo ma le abbiamo dato un twist".

Neal Smith: "'School’s Out' era una grande canzone. Se ti viene un’idea così, hai svoltato. E non è facile ma noi abbiamo lottato, siamo stati affamati e siamo sopravvissuti. Purtroppo abbiamo perso il nostro cuore e la nostra anima con la scomparsa di Glen nel 1997. Gli rendiamo sempre un piccolo tributo, il suo spirito è sempre con noi in studio. E lo è sicuramente anche in questo album. Quando abbiamo scritto i brani per ‘Welcome 2 My Nightmare’, abbiamo sistemato l’amplificatore di Glen e ci abbiamo messo accanto una bottiglia di whiskey con una sigaretta e un accendino. Non è più tra noi ma resta nei nostri cuori". (di Federica Mochi)

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