Il serbo taglia un traguardo storico al culmine di una carriera straordinaria iniziata in Olanda nel 2006
Lorenzo Topello
24 maggio - 18:46 - MILANO
La Juventus sprofondava in Serie B. L’Italia del calcio era campione del mondo da un paio di settimane. Sinner, a cinque anni, entusiasmava sugli sci. Carlos Alcaraz, a tre anni, si limitava ad osservare il mito Rafa Nadal alla televisione, mentre a partire dall’anno successivo lo avrebbe imitato. Jakub Mensik, che a Miami ha sorpreso Djokovic impedendogli che il centesimo trofeo arrivasse già a marzo, aveva fatto check-in alle soglie di questo mondo da nove mesi. E Nole… veniva da un altro Paese. Quando il serbo ha vinto il suo primo titolo Atp era un altro mondo. Letteralmente.
in olanda
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La prima gioia di Djokovic arriva il 23 luglio 2006 ad Amersfoort, Paesi Bassi. Nole ha 19 anni e supera all’ultimo atto del torneo su terra rossa Nicolas Massù, conquistando l’Atp 250 olandese senza perdere neanche un set nell’intero percorso. In finale impiega oltre due ore per sconfiggere la testa di serie numero 4 del torneo, poi si inginocchia e alza le braccia al cielo. E’ definitivamente esplosa la nuova stella del tennis serbo. Anzi, serbo-montenegrino: sì, perché Nole, 99 titoli fa, apparteneva ancora formalmente all’ultimo residuato della vecchia Jugoslavia, tant’è che giocò la Coppa Davis di fine anno sotto la bandiera della Serbia e Montenegro. La stessa nazionale che, nel calcio, era uscita con le ossa rotte dal Mondiale di un mese prima, perdendo addirittura 6-0 contro l’Argentina nella fase a gironi. Un punteggio tennistico, appunto.
ultima al quinto
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In quel 2006 la testa di serie numero 1 ad Amersfoort è Guillermo Coria, battuto in semifinale da Nole che si presenta a quel torneo da numero 36 del mondo. Sulla poltrona più lussuosa del ranking salirà nel 2011, cinque anni dopo il primo alloro Atp. Il Djokovic primo modello, a osservarlo oggi, genera ammirazione e allo stesso tempo sinistre rughe agli angoli del viso. Fa specie pensare che il suo primo titolo in un Masters 1000 (l’aria d’apertura di un’opera in 40 atti) sia arrivato nell’ultima finale giocata al meglio dei cinque set. Più di diciotto anni fa, peraltro. Era il primo aprile, giorno proverbialmente dedicato agli scherzi: Nole ne gioca uno pesantuccio all’argentino Guillermo Canas superandolo con un perentorio 6-3 6-2 6-4 nella finale di Miami. Il calendario non se l’è sentita di mancargli di rispetto, e allora ecco che la centesima gioia del Djoker è giunta proprio nella settimana del compleanno: a Ginevra, dopo aver battuto Arnaldi, ha spento 38 candeline in campo, per festeggiare ricorrenza e vittoria. Il binomio perfetto.
la profezia di volandri
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Se poi ci divertiamo a riavvolgere ulteriormente il nastro, ecco il primo match nel circuito Atp del serbo: luglio 2004, ancora terra rossa. Ad Umago, dove incontra Filippo Volandri, va ko al primo turno: 7-6 6-1 e un commento dell’attuale capitano azzurro di Coppa Davis a fine match: “Occhio a quel serbo, è davvero forte”. Oltre vent’anni fa: per capirsi, Jakub Mensik non era ancora nato e al numero 1 nel ranking era salito da qualche mese Roger Federer, dopo il breve interregno di Roddick. Dal rosso al rosso, il centesimo titolo non poteva che arrivare sulla stessa superficie del primo trionfo: da Amersfoort a Ginevra, Novak Djokovic è diventato in un ventennio il cosmopolita del tennis. Ha attraversato non una, non due, ma addirittura tre generazioni, trasformandosi nel grande rivale dei campioni di ieri (Federer e Nadal su tutti, ma anche il suo ex coach, Andy Murray), di oggi (Sinner e Alcaraz) e persino di domani (Mensik, Fonseca e chissà chi altro). Immortale.