Lombardo, Evani, poi Invernizzi e Mancini sullo sfondo, non è riuscito il miracolo ai ragazzi dell'epoca gloriosa dello scudetto del 1991. Il club blucerchiato retrocede per la prima volta nella sua storia in terza serie. Come è potuto accadere?
È successo davvero. Dopo settantanove anni di vita, trascorsi in gran parte in Serie A con poche cadute in B sulle spalle, la Sampdoria retrocede per la prima volta nella sua storia in Serie C, che aveva già sfiorato alla fine della stagione 2001-02, evitando però in extremis la caduta nel baratro. Dallo scudetto del ’91 e dalla finale di coppa dei Campioni, i punti più alti del fantastico e inimitabile gruppo affidato a Vujadin Boskov, la famosa Sampd’oro, all’onta della caduta in terza serie, nell’anno in cui la Sampdoria ha sbagliato tutto, ma proprio tutto, in campo e fuori. Scelte, uomini, strategie, allenatori. Tutto. Quattro tecnici, una quarantina di giocatori arrivati nelle ultime due sessioni di mercato - estivo e invernale – alla resa dei conti fallimentari, ben dieci portieri passati fra campo e panchina. Un disastro, che ora imporrà profonde riflessioni perché qualcuno, è evidente, ha fatto scelte sbagliate (reiterate), visto che pure le donne sono retrocesse e la Primavera per la prima volta è scesa in A2, quando appena all’inizio del gennaio scorso la proprietà aveva dichiarato: "Ribalteremo la situazione sportiva, anche se verosimilmente l’anno prossimo sarà ancora Serie B". È finita peggio, e pensare che una frase di quel giorno ("serve stabilità e la avremmo anche in Serie C") era sembrata quasi blasfema. E invece…
La magia svanita
—
Non è riuscito il miracolo ai ragazzi della Sampd’oro di Boskov – Lombardo, con l’aggiunta di Evani (arrivato nel ‘93 a Genova), poi Invernizzi e Mancini sullo sfondo – perché la Samp si è svegliata tardi e, soprattutto, i valori tecnici non erano all’altezza. Eppure trentacinque anni fa qui si celebrava la favola dei ragazzi terribili di Boskov, un allenatore-padre divenuto icona perenne per la Genova sampdoriana, e il cui effetto benefico rimase tale anche quando dopo lo scudetto Boskov salutò e a Genova arrivò un altro tecnico sempre amato e rimpianto, Eriksson. Proprio in quegli anni, era il 1993, arrivò a Genova Evani, che poche settimane fa aveva preso formalmente in carico la Samp accettando un incarico complicato in nome della sua sampdorianità. C’era stato spazio e gloria per un successo in coppa Italia, una finale di Supercoppa italiana persa ai rigori con il Milan, e poi ancora con l’arrivo di volti nuovi come Mihajlovic, fino all’addio di Mancini nel ’97. Lì di fatto si era chiusa un’epoca ed era iniziato il lento declino, la B nell’estate 1999 dopo diciassette stagioni di fila in A. Ci vuole l’arrivo di Riccardo Garrone per riportare il club in A con Novellino nel 2003, e poi un periodo di buoni risultati culminati con una finale di coppa Italia persa anch’essa, ai rigori nel 2008-09 e, l’anno dopo, con l’accesso ai preliminari di Champions. La nuova discesa in B nel 2011, poi la successione da Riccardo (dopo la sua scomparsa) al figlio Edoardo Garrone, fino all’arrivo shock nell’estate 2014 di Massimo Ferrero.
L’uomo degli eccessi
—
Personaggio controverso, che ha segnato quegli anni doriani: sulle prime in verità era stato accolto favorevolmente dalla piazza blucerchiata. Stagioni di alti e bassi, con l’infruttuoso tentativo – quando la situazione iniziava a vacillare e il club mostrava segnali di difficoltà finanziaria - di Gianluca Vialli di rilevare il club a capo di una cordata, e poi con il crollo definitivo con l’arresto dello stesso Ferrero in seguito ad ipotesi di reato pesantissime per “plurime e gravi condotte delittuose”. È l’inizio della fine: Ferrero si dimette, arriva una nuova retrocessione in B nel 2023 quando il club va in crisi di liquidità e l’interregno viene affidato come gestione a un altro ex dello scudetto, Lanna, che gestisce una fase complicata con il club che scivola sull’orlo del fallimento. Decisivo l’intervento di Matteo Manfredi e Andrea Radrizzani – era il 30 maggio 2023 – che riprendono in mano la situazione, trovano un accordo con il Tribunale per la cosiddetta ristrutturazione del debito ed avviano l’auspicata rinascita, con Ferrero che esce definitivamente di scena. Il resto è storia recente. Una prima stagione di assestamento in B, iniziata con una penalizzazione. Poi la seconda, quella appena conclusa, iniziata con grandi proclami di promozione diretta come principale ed unico obiettivo e la lenta caduta verso il baratro, di cui sono tutti colpevoli.
Gli scenari
—
Ora sarà dura: l’investitore asiatico ha garantito l’iniezione di nuove finanze, e questo è un elemento importante per garantire la continuità aziendale, dopo avere già immesso nelle casse del club oltre un centinaio di milioni. Andrà, però, completamente rivista la rosa, l’assetto del club, i costi, con un monte ingaggi che da top club di B (intorno ai 20 milioni) dovrà scendere drasticamente e ridursi del 75%, con il calo degli introiti televisivi e dei ricavi da botteghino. Un ridimensionamento che non sarà indolore. Un futuro che oggi, insomma, blasone a parte, appare nebuloso, oscuro e carico di interrogativi.