Meloni-Schlein, è scontro su Almasri e giustizia

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Nuovo scambio di accuse tra maggioranza e opposizione su giustizia e caso Almasri. A scatenare il centrosinistra sono le parole della premier Giorgia Meloni al Tg5 sul "disegno politico" che i magistrati starebbero mettendo in atto contro la maggioranza anche come "conseguenze messe in conto" del procedere spedito della separazione delle carriere.

Una versione - quella della premier - che è addirittura "eversiva" per la leader del Pd Elly Schlein. "Insinuare che i giudici agiscano non a tutela della legge ma per un disegno politico - dice - è un atteggiamento eversivo. E non è la prima volta".

Ma Meloni, via social, non ci sta e ribadisce la linea: a sinistra "hanno un'unica strategia e speranza" cioè "provare a liberarsi degli avversari per via giudiziaria, perché alla via democratica hanno rinunciato da un pezzo". Nel mirino dell'opposizione c'è, poi, anche la modalità dell'intervista della premier sulle reti Mediaset: "senza contraddittorio", accusa Matteo Renzi. "Ha fallito su tutto - attacca Giuseppe Conte - e ora piagnucola sui social e in tv rispolverando l'usato sicuro dei governi di cui ha fatto parte: ho i giudici contro".

E a rispondere alla presidente del Consiglio è anche l'Anm. "I magistrati non fanno politica - dice in una nota l'associazione - ma fanno il loro mestiere nonostante insulti e intimidazioni. Nessun disegno politico: affermarlo è non comprendere la separazione dei poteri". Fatto sta che la stagione parlamentare che riprenderà a settembre si chiude con un nuovo, l'ennesimo, scontro al vetriolo in tema di giustizia. Che si riproporrà (al netto delle polemiche estive) quando i battenti del Parlamento riapriranno e si giocherà sul doppio binario dell'esame della separazione delle carriere in commissione e dell'istruttoria sulle richieste a procedere nei confronti dei ministri Carlo Nordio e Matteo Piantedosi e del sottosegretario Alfredo Mantovano sul caso Almasri. In vista dell'autunno, tra l'altro, Meloni starebbe valutando la strategia migliore per difendere l'operato del governo che - ha ribadito in tutte le sedi - "agisce sotto la mia guida e in maniera concordata". E sarebbe "grave", per la leader del Pd, Schlien, se il governo a un certo punto optasse per l'apposizione del segreto di Stato.

Ma, al momento, non sembra essere quella la linea prevalente, come, del resto, sin dall'inizio del caso. "Abbiamo rimandato in Libia un presunto criminale - sottolinea il capogruppo di FdI alla Camera Galeazzo Bignami - per tutelare centinaia di italiani che sono lì a Tripoli. Non avevamo motivo di secretare questa cosa". Tutta la vicenda tornerà a settembre anche sul tavolo della giunta delle Autorizzazioni guidata da Devis Dori che fa sapere che chiederà - con una proposta di modifica al regolamento - che tutti i documenti trasmessi finora (e non solo la richiesta di autorizzazione) vengano messi a disposizione di tutti i deputati. Una strada che, però, il presidente della Camera, replicando a una sollecitazione di Avs, ha fatto sapere che a regole vigenti e per "prassi ampiamente consolidata" non è percorribile.

Intanto, il Pd lancia un guanto di sfida al governo: i ministri e il sottosegretario "rinuncino a qualsiasi forma di scudo parlamentare". In caso contrario il processo è destinato a fermarsi visto che il centrodestra conta su un'ampia maggioranza in giunta per le Autorizzazioni, così come in Aula. Altro discorso è, poi, quello che riguarda la capo di gabinetto del ministro Carlo Nordio Bartolozzi, non indagata, ma che il Guardasigilli torna a difendere. L'eventuale immunità di Nordio, secondo alcune interpretazioni, potrebbe essere estesa anche a lei. Non la pensa così Matteo Renzi che avverte: "La legge su questo è cristallina. La guarentigia costituzionale vale per la Premier e per i Ministri. Non vale per i capi di gabinetto". "Questo governo - accusa Bonelli di Avs - sta costruendo un sistema di immunità che mira a garantire l'impunità a una politica che si ritiene al di sopra della legge". Insomma: "la fiera degli Untouchables".

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